162 – The Dark Side of the Moon

Time

Hanging on in quiet desperation is the English way
The time is gone, the song is over, thought I’d something more to say

1973

Ottavo album dei Pink Floyd, il primo interamente scritto da Roger Waters, il disco che – proseguendo sulla strada tracciata con Echoes – la suite che occupava l’intero secondo lato di Meddle – dà una direzione più precisa interrompendo la precarietà – tra space rock e lunghe divagazioni psichedeliche – del post Syd Barrett.

The Dark Side of the Moon è un concept album su alienazione e disagio mentale, tema non estraneo al gruppo anche per la vicenda legata al vecchio leader. Ed è un’opera di ingegno e sperimentazione sonora al quale contribuisce in maniera fondamentale Alan Parsons, quasi un componente aggiunto di un gruppo mai così unito e compatto come in quel momento.

David Gilmour pienamente al centro del suono (la chitarra liquida di Breathe, l’assolo di Time), Richard Wright che si prende la scena – ovviamente insieme alla vocalist Clare Torry – in The Great Gig in the Sky, Nick Mason protagonista con Gilmour in Any Colour You Like. Il disco che porta in classifica un singolo come Money – blues in 7/8 con intro di registratori di cassa e sax di Dick Parry e si chiude con Brain Damagethere’s someone in my head but it’s not me – e Eclipse, che stava per dare il titolo all’album e ne riassume il messaggio – everything under the sun is in tune but the sun is eclipsed by the moon – con la voce del portiere di Abbey Road che dice there is no dark side in the moon, really. Matter of fact it’s all dark, the only thing that makes it look alight is the sun.

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